Sabato 6 dicembre presso il Museo Archeologico Nazionale di Palestrina, si è svolto un evento denominato “La dama degli zaffiri e altri ori” che, presentato da nomi importanti legati al panorama archeologico, aveva lo scopo di presentare un diadema in oro e zaffiri rinvenuto in una camera funeraria ipogea con sarcofago, avvenuto nel comune di Colonna (alle porte di Roma).
Apprendendo dalla locandina ufficiale che, immediatamente prima delle “Conclusioni”, Alessandro Betori, funzionario e responsabile di zona della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, avrebbe conferito su “Oreficerie tardoantiche dalla necropoli di Colle Noce (San Cesareo, Roma)”, ci siamo sentiti in diritto, nonché in dovere, di partecipare all’incontro di studio.
LA LOCANDINA DELL'INCONTRO |
Spieghiamo noi, visto che dalla Soprintendenza e dal
comune interessato se ne guardano bene dal farlo, che la così chiamata
“necropoli di Colle Noce”, ancora in via
di studio, è una delle più complesse ed articolate necropoli scoperte nel Lazio, che sta restituendo
importanti informazioni antropologiche, consentendo, inoltre, di portare alla
luce importanti ritrovamenti quali quelli illustrati in sede di incontro, fornendo, allo stesso tempo, importanti informazioni sulla vita e la natura del complesso archeologico della Villa di Cesare e Massenzio, di
cui costituisce parte integrante.
A noi sembra che la strategia attuata dalle istituzioni,
sia quella della decontestualizzazione.
I gioielli ora, infatti, così come la meridiana, per non parlare
dei mosaici e di altri ritrovamenti operati nel corso degli anni in questa zona, vengono presentati ed esposti in musei, come se fossero semplicemente delle opere, dei magnifici ritrovamenti,
estranei al sito di appartenenza, come se non fossero inseriti nell’ambito di
un loro ambiente primario, che è proprio quello della Villa Imperiale di Cesare
e Massenzio.
La Villa finisce, in questo modo, per essere svilita e
mortificata, depauperata dei suoi ritrovamenti più brillanti, in un ruolo di
secondo piano, quasi a volerne far
perdere tracce e memoria.
A
conferma di quanto esposto, la stessa spesso non
viene propriamente nominata, ma camuffata,
mistificata sotto altri nomi: “Necropoli Colle Noce”, “La Pietrara”, etc..
Dinanzi a tale evidenza ci si chiede:
PERCHE’?
· una necropoli così
importante, composta da circa 200 tombe ed ancora in via di scavo, viene
presentata in questo modo poco esaustivo avendo però cura di fornire
indicazioni precise circa la posizione?
· non si coglie l’occasione in questi incontri di studio per
sottolineare il valore di tali ritrovamenti e promuoverne la valorizzazione?
· non si è mai tutelata in
modo adeguato la Villa e i relativi reperti? I mosaici, a quanto sembra, si
stanno distruggendo. Chi si assumerà la responsabilità per questo?
· non è stata ancora
preparata una conferenza stampa ed un convegno a San Cesareo, pensato
appositamente per la presentazione dell’intero complesso archeologico,
valorizzandone contemporaneamente l’importanza?
· la pubblicazione della D.ssa Marisa De Spagnolis, all’atto
degli scavi responsabile della Soprintendenza Archeologica del Lazio, non viene diffusa e promossa?
· il complesso non viene presentato e condiviso nelle scuole?
· evitare di
citare in ogni possibile occasione il nome ed il valore di questo ritrovamento?
· la soprintendenza, inoltre, cosa sta facendo per la salvaguardia e valorizzazione di questo importante ritrovamento che, come quello di Ciampino e Valmontone, ricade sotto la giurisdizione dello stesso responsabile e versa nelle medesime condizioni di abbandono?
Questo il senso di alcune delle
domande, poste al termine delle relazioni, alla D.ssa Calandra ed al suo
sottoposto (Sig. Betori) che, puntualizzando il loro impegno alla
musealizzazione, hanno confermato di non aver competenze in ambito di
valorizzazione e, sconcertando tutti per la insensatezza della risposta, hanno
suggerito ai cittadini di avvalersi della facoltà di fare accesso agli atti secondo
quanto stabilito dalla legge 241/90 sul procedimento amministrativo; come se ciò desse una
risposta alle domande di cui sopra.
Ancora una volta, le istituzioni si identificano per la mancanza di disponibilità,
trasparenza, democrazia, confronto.
La risposta,
d’altronde, non fa che avvalorare i sospetti che il Comitato nutre ormai da
tempo a seguito proprio della lettura della documentazione tecnica ottenuta
grazie alla legge di cui sopra e che lascia riecheggiare sempre la stessa
domanda:
"Saranno i forti interessi privati presenti nella zona ad
impedire l’adeguata promozione di questo importantissimo patrimonio pubblico?"
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